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Tumore prostata

Pembrolizumab più Trastuzumab e chemioterapia per adenocarcinoma della giunzione gastro-esofagea o gastrico HER2-positivo: studio KEYNOTE-811


Le evidenze dell’efficacia del blocco combinato di PD-1 e HER2 con la chemioterapia sulla sopravvivenza libera da progressione ( PFS ) e sulla sopravvivenza globale ( OS ) nel tumore gastroesofageo HER2-positivo sono scarse.

La prima analisi ad interim dello studio randomizzato di fase 3 KEYNOTE-811 ha mostrato una risposta obiettiva superiore con Pembrolizumab ( Keytruda ) rispetto al placebo quando aggiunto a Trastuzumab ( Herceptin ) più fluoropirimidina e chemioterapia a base di Platino.

Sono stati riportati i risultati delle successive analisi provvisorie specificate dal protocollo di KEYNOTE-811.

Lo studio randomizzato di fase 3 KEYNOTE-811 ha coinvolto 168 centri medici in 20 Paesi in tutto il mondo.
I pazienti di età pari o superiore a 18 anni con adenocarcinoma della giunzione gastro-esofagea localmente avanzato o metastatico HER2-positivo, senza precedente trattamento di prima linea, sono stati assegnati in modo casuale a Pembrolizumab per via endovenosa 200 mg oppure a placebo, entrambi da combinare con la chemioterapia standard ( terapia a base di fluoropirimidina e Platino ) più Trastuzumab ogni 3 settimane per un massimo di 35 cicli o fino a progressione della malattia, a effetti tossici inaccettabili o al ritiro.
La randomizzazione è stata stratificata per regione, stato PD-L1 e chemioterapia.

I due endpoint primari erano la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale, analizzati in base all’intention-to-treat ( ITT ).

La sicurezza è stata valutata in tutti i pazienti assegnati in modo casuale che hanno ricevuto almeno una dose del trattamento in studio in base al trattamento ricevuto.

Nel periodo 2018-2021, 698 pazienti sono stati assegnati a Pembrolizumab ( n=350 ) o placebo ( n=348 ). 564 ( 81% ) erano maschi e 134 ( 19% ) erano femmine.

Alla terza analisi intermedia, 286 ( 82% ) dei 350 pazienti nel gruppo Pembrolizumab e 304 ( 88% ) dei 346 nel gruppo placebo che avevano ricevuto il trattamento avevano interrotto il trattamento, principalmente a causa della progressione della malattia.

Alla seconda analisi ad interim ( follow-up mediano di 28.3 mesi nel gruppo Pembrolizumab e 28.5 mesi nel gruppo placebo ), la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 10.0 mesi nel gruppo Pembrolizumab rispetto a 8.1 mesi nel gruppo placebo ( hazard ratio, HR=0.72; P=0.0002 ).

La sopravvivenza globale mediana è stata di 20.0 mesi rispetto a 16.9 mesi ( HR=0.87; P=0.084 ).

Alla terza analisi ad interim ( follow-up mediano 38.4 mesi nel gruppo Pembrolizumab e 38.6 mesi nel gruppo placebo ), la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 10.0 mesi rispetto a 8.1 mesi ( HR=0.73 ) e la sopravvivenza globale mediana è stata di 20.0 mesi rispetto a 16.8 mesi ( HR=0.84 ), ma non ha soddisfatto i criteri prespecificati per la significatività e continuerà fino all’analisi finale.

Eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 o peggiore si sono verificati in 204 dei 350 pazienti ( 58% ) nel gruppo Pembrolizumab rispetto a 176 dei 346 pazienti ( 51% ) nel gruppo placebo.

Eventi avversi correlati al trattamento che hanno portato alla morte si sono verificati in quattro pazienti ( 1% ) nel gruppo Pembrolizumab e in 3 ( 1% ) nel gruppo placebo.

Gli eventi avversi più comuni correlati al trattamento, di qualsiasi grado, sono stati: diarrea ( 165, 47%, nel gruppo Pembrolizumab vs 145, 42%, nel gruppo placebo ), nausea ( 154, 44%, vs 152, 44% ), e anemia ( 109, 31%, vs 113, 33% ).

Rispetto al placebo, Pembrolizumab ha migliorato significativamente la sopravvivenza libera da progressione quando combinato con Trastuzumab e chemioterapia di prima linea per il tumore gastroesofageo metastatico HER2-positivo, in particolare nei pazienti con tumori con un punteggio positivo combinato PD-L1 pari o superiore a 1.

Il follow-up della sopravvivenza globale è in corso e verrà riportato nell’analisi finale. ( Xagena2023 )

Janjigian YY et al, Lancet 2023; 402: 2197-2208

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